VANVERA

Non si fa la maionese senza rompere le uova*

di Eleonora Boscariol | Illustrazioni: Simona Tell

C’è stato un tempo, lontano, ma neanche tanto, in cui erano diffuse serissime credenze sull’impurità della donna durante quei giorni, durante il marchese, durante le regole, si insomma mentre le donne hanno le loro cose. Secondo tali serissime credenze, se hai le mestruazioni: non ti puoi lavare i capelli, non riesci a far lievitare il pane, rendi sterile il terreno su cui cammini uccidendo ogni forma di vita animale e vegetale con cui vieni a contatto, puzzi di palude e violette appassite (è l’odore degli “umori cattivi” che il tuo corpo espelle), e cosa ben peggiore, rischi di far impazzire la maionese. Non lo dico io, lo dicono niente meno che Ippocrate, Plinio il Vecchio e Simone de Beauvoir, madre incontrastata del femminismo contemporaneo. Ma state tranquilli, perché tutto sta cambiando.

« I bleed each month to help make humankind a possibility. My womb is home to the divine. A source of life for our species. Whether I choose to create or not. But very few times it is seen that way. » (Rupi Kaur)

È il 2015 e Rupi Kaur, ragazza indo-canadese di Toronto, è all’ultimo anno della facoltà di Arti Visive. Per la fine del corso di Semiotica Visiva presenta un progetto fotografico dal titolo Period: lei distesa a letto con una macchia di sangue mestruale sui pantaloni del pigiama, lei che si cambia l’assorbente e lo getta nel cestino, il sangue nel wc, le lenzuola macchiate nella lavatrice, lei con una boule dell’acqua calda sul ventre e ancora lei, nuda nella doccia, righe di sangue che colano tra le sue gambe. Perché? Per sfatare un tabù, per raccontare una storia lunga millenni, senza usare parole. Una studentessa come tante, solo con un po’ di coraggio in più, tanto da decidere di postare le stesse foto sul suo profilo Instagram, facendole diventare virali.

Rupi è presto emulata dalla giovane fotografa di moda Harley Weir, che sulla scia di Period, immortala una modella con del sangue mestruale tra le cosce.

Qualcosa sta cambiando? Pare di no, i post di entrambe vengono rimossi da Instagram, i loro profili bloccati. Ma a questo punto si apre una lotta al period shaming e alla censura del sangue: è davvero possibile liberarci da un retaggio culturale che ha le sue radici nella notte dei tempi? Si può dissociare la parola mestruazioni, dalla sensazione di disgusto, sporcizia e indisposizione psico-fisica?

Nello stesso anno ci prova anche la musicista indo-americana Kiran Gandhi correndo la maratona di Londra (oltre quarantadue chilometri), al primo giorno di ciclo, senza indossare né assorbenti né tamponi interni.

“Everyone was running for their own personal mission. And all of a sudden it felt entirely appropriate that I got my period on marathon day.” (Kiran Gandhi)

Finchè nell’aprile del 2016 la rivista americana Newsweek esce con una copertina che tuona “There will be blood”, scorrerà il sangue, ripresa in Italia da Internazionale e in Francia da Courrier International. Secondo i rotocalchi il 2015 passerà alla storia come l’anno della rivoluzione mestruale. Ma davvero? Cioè siamo certi che se parlo del sangue grumoso e scuro che esce dalla vagina, quello che si intravede dall’assorbente arrotolato e dimenticato per sbaglio in bagno, quello lasciato a galleggiare nel cesso del locale in centro perché si è rotto lo sciacquone, nessuno si schifa?

Anche l’arte contemporanea è piena di tentativi di battaglia contro la stigmatizzazione del ciclo: nel 1994 fu un uomo, Harry Finley, ad aprire nel Maryland, a casa propria, il primo e unico museo delle mestruazioni, ora diventato virtuale. Poi ci fu nel 2005, alla Biennale di Venezia, l’installazione A Noiva, la sposa, dell’artista portoghese Joana Vasconcelos, che con centinaia di tamponi OB realizzò un grazioso lampadario degno di un palazzo reale. Fino all’installazione di riciclo creativo Protezione Femminile, di Ingrid Goldbloom Bloch: un mitra tutto rosa costruito utilizzando applicatori di assorbenti interni.

“My goal in my work is to draw the viewer in to take a closer look at materials and objects that ordinarily go unnoticed and see them in a new light.” (Ingrid Goldbloom Bloch)

Quindi possiamo stare tranquilli, dicevamo, il tabù è sepolto. Ma avete presente quando a scuola noi femmine ci passavamo gli assorbenti o li tiravamo fuori dallo zaino infilandoli furtivamente dentro la manica della felpa per non farci vedere dai maschi (e neppure dalle altre femmine, se è per questo)? Come se ci stessimo passando una bustina di ganja, in totale segretezza. Ecco, nonostante la rivoluzione mestruale io credo che lo stesso succederà alle nostre figlie, e forse alle figlie delle nostre figlie, perché in fondo il sangue mestruale è ancora molto poco pop e molto più tabù.

Non è cambiato granchè con le campagne femministe, se penso che nel mio Paese l’iva imposta sugli assorbenti è al 22%, esattamente come quella del caviale e degli iPhone. I medicinali hanno l’iva al 10% perché se mi ammalo non posso farne senza, ma gli assorbenti quelli no, sono un bene di lusso, perché io posso scegliere se sanguinare o meno, giusto?

La verità è che se in Danimarca il recente spot pubblicitario degli assorbenti Libresse mostra vulve canterine di forme diverse e se la Scozia distribuisce assorbenti gratuiti alle studentesse, il mio Paese è benaltrista. Ci sono cose ben più urgenti dell’iva sugli Ultra Notte con ali, i problemi veri sono ben altri, no? Con i Lines già possiamo fare la ruota senza inghippi, accontentiamoci, cristo!

Così, nell’ultima pubblicità italiana della Lines il liquido mestruale continua ad essere bluette, giusto per ottemperare a quella che viene definita “la tua nuova idea di libertà”. Quale nuova idea di libertà?

Crederò ad una nuova idea di libertà quando avremo assorbenti che, sebbene gratuiti, saranno pubblicizzati con liquido rosso che cola copiosamente (non come goccioline di rugiada, quella va bene per le pubblicità del Coccolino). Crederò ad una nuova idea di libertà quando smetteranno di chiamarli assorbenti “igienici”, l’altro lato della sporcizia. Crederò ad una nuova idea di libertà quando tutte le madri del mondo non si sentiranno più obbligate a nascondere i tampax nell’ultimo scaffale in alto del mobiletto del bagno, per non dover spiegare ai figli cosa sono quei micromissili di cotone, dove vanno infilati e perché.

Crederò ad una nuova idea di libertà quando aprendo un Lines non mi arriverà alle narici odore di mughetto e sandalo, profumo tossico utile a coprire l’odore del sangue. Ci crederò quando in quegli assorbenti, gratuiti, smetteranno di metterci la diossina e quando le colleghe in ufficio si sentiranno libere di gridarmi da una scrivania all’altra: “Hei! Ce l’hai un assorbente, che li ho dimenticati a casa?”.

La vera rivoluzione mestruale si farà quando saranno i potenti del mondo a sanguinare, ma quelli, fino a prova contraria, sono sempre uomini.


*(Ringrazio Elise Thiébaut e il suo splendido saggio “Questo è il mio sangue” per le preziose informazioni, soprattutto per quella riguardante la maionese).

di Eleonora Boscariol | Illustrazioni: Simona Tell